Some authors portraits like Claudio Magris, Albert Espinosa, Ildefonso Falcones, Jhumpa Lahiri, Dario Argento, Serge Latouche, Vito Mancuso...authors with which our paths crossed thanks to the collaboration with Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri (Venice), BookCity Milano, Gruppo Editoriale Gems
Pubblicato il 1 luglio 2011
Yuma Martellanz
Sede Generale Tupac Amaru. Una sottile pioggia accarezza Jujuy cuore del Norte Argentino sciogliendosi nell’effervescenza delle risa, nello zampillio di un fiume di gente che sorge e affluisce dalla sede in attesa della propria paga. Ritrovo dopo 3 anni Milagros Sala leader del movimento, i capelli le cadono lunghi incorniciando ora un volto più rilassato, sorseggia mate assieme ad un’intera commissione di medici, dentisti ed insegnanti.
Salute ed educazione sono gratuiti ed obbligatori per ogni “companero” dell’organizzazione sociale Tupac Amaru che partecipa con una quota di 4 pesos (70 centesimi) al mese. È una giornata importante perché ci si prende il tempo di guardarsi in faccia, di discutere e trovare soluzioni lavorative, familiari, salutari e comportamentali.
Prima di ricevere il proprio stipendio si viene controllati dal dentista, la Mili tiene molto ai sorrisi dei companeros, mentre un insegnante espone il profilo scolastico.“Amor!! Se ti manca tutta la squadra in bocca e ancora tre esami per finire la scuola secondaria come farai a conquistare una donna?” ride Milagros rivolgendosi ad un vecchio Kolla. La Flaca è madre e la sua totale attenzione abbraccia ogni singolo problema individuale e collettivo, ha la battuta pronta per ognuno e la soluzione è immediata.
Milagros Sala è nativa Kolla (popolazione originaria del nord dell’Argentina) di San Salvador de Jujuy e racchiusa in questa piccola donna è un’energia impetuosa, contagiosa e antica, quel tipo di energia che muove le masse. Fondatrice del più grande movimento popolare argentino con più di 70.000 “companeros” e più di 4.560 abitazioni costruite al giorno d’ oggi (ca.1.000 all’anno solo a Jujuy), inizia la sua lotta nella decade neoliberale del ’90 quando con l’ex presidente Menem e la privatizzazione di quasi tutte le imprese statali, della salute e dell’educazione molti si trovarono senza lavoro, negli ospedali non c’erano medicinali e i bambini morivano di denutrizione. L’organizzazione sociale Tupac Amaru (primo rivoluzionario creolo, diretto discendente degli imperatori Inca che nel 1871 lottò contro i colonizzatori per la liberazione dei popoli originari) ha riscattato questo universo di figli che è rimasto nella strada, rifugiato nelle “villas miseria” dandogli la possibilità di vivere una vita degna in quanto “La povertà è una circostanza che si può cambiare unicamente se il povero non si identifica con essa”. Bisogna saper cambiare il punto di vista della cose e recuperare l’autostima.
La lotta contro la discriminazione, in questo caso, non è argomento elettorale ma esperienza di vita vissuta. Abbandonata alla nascita crebbe sotto le ali di una famiglia agiata che le diede la possibilità di studiare e laurearsi, scelse danze folkloriche. A 14 anni si rese conto che le malelingue dei compagni “parlavano realtà” : lei unica nera in una famiglia di bianchi. La madre adottiva non le aveva mai detto la verità, non potendo perdonarla scappò di casa in cerca delle proprie radici.
Visse assaporando l’amarezza dell’asfalto, lavorò come lustrascarpe alla stazione, si barcamenò tra mille espedienti poi cominciò a vendere cocaina e rubare con una banda di ragazzini del quartiere, il ricavato veniva diviso per comprare medicinali per i poveri di Azopardo. Presa dalla polizia passò 8 mesi in carcere dove si avvicinò all’esperienza dell’autogestione, con le altre donne organizzò una cucina comunitaria per un pasto degno. Uscita dal carcere iniziò a militare in ATE (associazione dei lavoratori dello Stato) e poi CTA (centrale dei lavoratori argentina) per i movimenti sociali favorita dalla conoscenza interna delle favelas inaccessibili agli esterni. Iniziò così con le prime copas de leche, l’azione più urgente era dare da mangiare ai bambini.
La copa de leche è alla base del funzionamento di tutto l’ingranaggio. Si tratta dell’impegno e della collaborazione di volontari che per primi non posseggono nulla e che si riuniscono per dare del latte dolce, del mate ed empanadas ai bambini dei quartieri più degradati. È la porta d’entrata da cui tutti i membri della Tupac dai dottori agli insegnanti sono passati e se i primi 5 bambini quella mattina guardavano con diffidenza quel banchetto colorato ora sono in migliaia che ne gioiscono ogni settimana. “È in questi momenti che si riesce a parlare con i bambini” mi racconta Nelida Rojas suo braccio destro mendozino. “Sono loro a farti conoscere i problemi familiari, così sai dove intervenire e creare programmi sociali, 2 anni fa iniziammo in 160 a condividere la nostra desolazione ed ora siamo in 5000 a lottare, solo nella provincia di Mendoza abbiamo in costruzione 7 dipartimenti!Formando questa grande famiglia si può andare a manifestare e chiedere terreni, se non esiste la solidarietà non funziona, soli non si può fare nulla!”.
Nelida si svestì del camicie da infermiera in seguito ad un’ operazione alla colonna vertebrale e per non sentire il freddo della disoccupazione scelse il cappello del rivoluzionario. Suo marito Ramon la seguì e abbandonando le strade che per 20 anni aveva marcato con il suo remis decise di costruirne delle nuove, ora è capo costruttore della Tupac di Mendoza.
Queste non sono storie di pochi ma di molti, si dice da quelle parti che “Quando esiste la volontà esistono mille soluzioni. Quando non esiste la volontà esistono mille scuse”. Si dice anche che Dio è ovunque ma riceve a Buenos Aires. Quando nel 2003 Kirchner stanziò 35.000 pesos per la formazione delle prime cooperativas de viviendas tutta questa gente al margine della società, per la maggioranza discendenti delle popolazioni originarie, rinnegati in terra propria, alzarono finalmente la testa dopo più di 500 anni di persecuzione ed oppressione fisica e mentale. In questo terreno in pendenza che ora si chiama Alto Comedero i tupaqueros costruirono con le proprie mani le prime 200 abitazioni con la metà dei soldi e del tempo previsti per le imprese di costruzione. Ricevettero così l’approvazione per le altre 400 case. Con i soldi risparmiati sono state costruite negli anni le fabbriche tessili, i centri di integrazione comunitari, le scuole, le fabbriche di mattoni, di infissi e metallurgiche, il Cemir per la riabilitazione dei disabili (uno dei più attrezzati del paese), le piscine, i parchi giochi e gli spazi comunitari per cucinare di cui usufruiscono al fine settimana famiglie provenienti dall’intera provincia. Le case sono tutte uguali, 54 mt quadri, 2 stanze, bagno e cucina, sul tetto una cisterna per l’acqua con le facce del Che (che rappresenta la disciplina e la
trasformazione sociale), di Evita (protettrice dei bambini e degli anziani) e di Tupac Amaru. In un ondata di varianti pastello l’uguaglianza delle case si privilegia alla differenza, è la conquista dell’uguaglianza fatta materia in case.
Non esiste alcun tipo di discriminazione razziale o sessuale, si lavora insieme, le donne con i caschi nella fabbrica di mattoni e gli uomini cucendo in quella tessile. Nelle scuole gli alunni vengono chiamati “companeros” ed oltre alle materie classiche studiano Autostima, Storia del Movimento Operaio e Storia dei Popoli Indigeni in quanto un albero senza le proprie radici si secca e muore, inoltre sarebbe giusto sapere che la civilizzazione non cominciò con l’arrivo di Colombo come è stato insegnato sino ad ora in tutte le scuole argentine. Ciò che distingue un tupaquero è l’orgoglio, l’amore indiscusso per colei che li ha riscattati dalla strada, dalla droga e dalla miseria, la disciplina e la fratellanza. Le donne che entrarono ad abitare le case entravano malvestite con i capelli opachi ed ora sono lucenti ed ogni mese aggiungono un soprammobile, un ricordo, un fiore per abbellire le proprie case che non più umili abitazioni sono ora ciò che le rende orgogliose di essere chi sono, felicemente combattive e differenti dai tanti che alla felicità trovano un diversivo. Quando a Maipu una casa finì in fiamme i vicini arrivarono prima dei Vigili del fuoco portando con se materassi, mobili e all’indomani del fuoco la nuova casa era arredata e vivibile.
Ogni primo d’Agosto si festeggia la Madre Terra, la Pachamama, nel 2010 la Tupac Amaru ha organizzato la “Marcia dei popoli originari”, la più grande nella storia dell’ Argentina con piu’ di 30.000 persone arrivate a Buenos Aires dal Nord, dal Sud, dall’Est e dall’ Ovest. Per la prima volta si sono incontrati tutti, i Toba, i Guaranie, i Wichi, i Mapuche, gli Huarpes, i Diaguitas, gli Aymara, i Quichua, i Kolla.. indossando le vesti della tradizione, cantando la musica degli antenati ed incontrando la Presidentessa Cristina Kirchner. “È piu’ facile tappare il sole con un dito che scoprire tutta l’ombra di questo paese” disse Leon Jieco cantando e cosi’ mi sembra di capire che in Argentina esista un ventaglio di realtà in trasformazione tanto vasto quanto inclassificabile. Esiste una parte di popolazione originaria che anche se contaminata dai mezzi di comunicazione vive la vita della Terra come i Diaguita Calchaquies che nel Gennaio del 2011 hanno manifestato per la prima volta a Cachi dopo esser e stati espropriati per l’ennesima volta dei propri terreni, come pochi mesi prima era accaduto ai Toba di Formosa dove vari manifestanti hanno perso oltre alla propria casa anche la vita per mano della Giustizia e del Denaro. I Caciques (rappresentanti delle comunità) manifestano ora un cambiamento di coscienza e la volontà di molti giovani è quella di studiare, di essere maestri, avvocati, medici, non per fini privati ma per il proprio popolo. Esiste poi una realtà che vive il cambio culturale dell’ emarginazione urbanizzata come i Toba di Rosario rimasti senza memoria in una situazione statica carente di salute ed educazione, in attesa. Mi spiega la direttice del Centro di Salute Toba di Rosario, Olga Lifschitz, che l’accettazione delle disgrazie è parte della loro percezione della vita, per ovviare al dolore ne hanno fatto un abitudine. “Lo stesso accade con la salute” aggiunge “La settimana scorsa abbiamo avuto un caso di una bambina Toba in coma accudita in casa. Viveva in un labirinto di casette e io son dovuta passare diverse volte, i più piccoli giocavano a calcio li in mezzo e gli adulti non dicevano nulla, mentre lei stava quasi morendo la mamma le pettinava i capelli.Questa è una situazione di accettazione delle cose”.
Parlandone con Raoul Noro, compagno di vita di Milagros e uomo di grande cultura, lo vedo sobbalzare “È questo il tema!!” sottolinea citando la teoria del filosofo argentino Rodolfo Pusch studioso della cultura andina. “Diceva che l’ uomo Kolla è in attesa, non è nell’Essere ma nello Stare. Stare è una cosa, Essere un’altra. Stare è aspettare che qualcosa succeda. Essere è la piena manifestazione dello spirito umano in azione. La cultura andina stà nello Stare aspettando qualcosa, aspetta la manifestazione dell’ Essere per iniziare a manifestare tutta la propria potenzialità.
Quando arrivammo a Rosario con la “Marcia dei popoli originari” si avvicinò a Milagros un Toba della villa miseria di Rosario, la abbracciò e pianse. Piangeva come per dire: “Finalmente!!”. La voce di Raoul si spezza ed una lacrima scivola sul suo sorriso bianco mentre ripete: “Finalmente qualche cosa è successo!!”.
http://www.alfabeta2.it/2011/07/01/copas-de-leche-milagros-sala-e-la-tupac-amaru/
The Virgen of Copacabana is the patron saint of Bolivia. Copacabana is a Bolivian town located on a peninsula at the southeastern shore of Lake Titicaca. It is close to Isla del Sol and Isla de la Luna, island sacred to Aymara and Quechua. In the mid 16th century, the inhabitants of Copacabana were divided into two groups: Anansayas, Inca newcomers, and Urinsayas, the traditional residents of the region. Despite conversion to Christianity, they continued an attachment to their original religion.
https://www.alfabeta2.it/2017/05/28/potere-rivoluzionario-dellallegria-sorriso-arma/
Alfadomenica #4 – maggio 2017Semaforo # 4 – maggio 2017
Pubblicato il 28 maggio 2017 · in AlfaDomenica · 1 Commento
Yuma Martellanz
Porto Rico, Maggio 2017 - Al momento Porto Rico è divenuto ufficialmente il caso di bancarotta più grande della storia del mercato delle obbligazioni pubbliche americano con un debito non ancora preciso che va dai 70 ai 123 miliardi di dollari. Porto Rico è uno Stato Libero Associato degli Stati Uniti, la sua relazione è di territorio non incorporato, pertanto non gode degli stessi diritti che hanno gli altri stati e tanto meno ha la libertà di decidere il proprio destino non essendo indipendente. Alla fine di giugno 2016 è stata imposta dagli Stati Uniti una Giunta di Supervisione Fiscale Federale (JSF) composta dalle stesse persone legate alle compagnie di possessori di buoni, ai creditori o a coloro che hanno fatto parte di recenti governi. Protetti dall'immunità legale hanno la funzione di incassare il debito che il popolo portoricano ha con gli Stati Uniti. Il costo delle sue operazioni è sempre a carico dei portoricani. I contratti governativi continuano a essere il grande punto di domanda del piano fiscale negoziato tra la Giunta e l'attuale governatore Ricardo Rossellò Nevares, in carica solo dal 2 gennaio 2017. In seguito alle manovre di austerità e alla formazione della Giunta, il primo maggio 2017 è stata indetta dal popolo una grande marcia che partendo da cinque punti della città tra cui la UPR (Università di Porto Rico, al momento occupata dagli studenti in protesta per via del taglio di 500 milioni di dollari di fondi) aveva come punto di arrivo la Milla de Oro, la zona delle banche dove risiede la Giunta. La marcia esprime il disagio dei portoricani rispetto alla manovra di austerità e manifesta la necessità di verifica, di capire come sia stato utilizzato il denaro che ha generato questo enorme debito e di cui il governo sembra non voglia dare informazione. Non è un rifiuto al pagamento ma una richiesta di trasparenza e informazione. Alla marcia si sono uniti gruppi accademici, religiosi, femministi, imprese private ed agricole (da non dimenticare che l'americana Monsanto, la più grande produttrice di semi transgenici, usa Portorico come un immenso laboratorio per sviluppare mais, soya, saggina e cotone transgenico). L'intenzione dei manifestanti era mobilitare e muovere allo stesso tempo tutto il paese, contro una crisi che non attacca solo la classe lavoratrice ma anche l'educazione pubblica e i servizi sanitari.
Nonostante i media abbiano fatto scalpore con titoli come Disastro e violenza a Porto Rico, in seguito a un singolo evento di vandalismo del quale i portavoce dei vari gruppi manifestanti si sono subito distaccati, la manifestazione è stata incredibilmente pacifica e specchio di un popolo unito che cerca risposte e non solo imposizioni coloniali. Un paese che realmente è più latino che americano e che dai tempi dello sterminio dei nativi Tainos, ha vissuto un susseguirsi di colonizzazioni prima spagnole poi americane, con un unico giorno di indipendenza tra le due. All'interno della manifestazione è emersa una nuova forma di protesta pacifica, La “Unidad de Operaciones Tacticas de los Payasos de la Policia de Puerto Rico”, un gruppo formato da attori, musicisti, giornalisti, scrittori, documentaristi e avvocati che lotta per il proprio diritto all'allegria. Esattamente si occupa di mantenere la calma tra i manifestanti e la polizia cercando tramite un atto artistico, che è una rappresentazione clownesca della polizia, di far capire che realmente sono tutti ugualmente affetti da questo debito, il cittadino come la polizia stessa e attua in situazioni di tensione nella speranza che il poliziotto cittadino si unisca a questa causa abbassando così il livello di frustrazione e violenza che si potrebbe generare.
Israel Lugo ne è il fondatore. Israel Lugo è nato a Brooklyn nel '73 e si affaccia al mondo dell'arte a sette anni come bambino ventriloquo. È un attore di teatro, cinema e televisione, produttore, regista di documentari e video musicali per vari artisti tra cui Calle 13, Nelly Furtado, Manà, Paulina Rubio. Nel 2009 fu vincitore del Latin Grammy Award come direttore insieme a Gabriel Coss del video musicale ¨La Perla¨di Calle 13. Fa parte della compagnia teatrale Agua, Sol y Sereno, è ideatore e fondatore del gruppo di “difesa della risata” dei Payasos de la Policia de Puerto Rico e ci racconta durante una colazione all'Abracadabra come il gruppo si sia formato nel 2010 durante una manifestazione davanti ai cancelli dell'Università di Portorico.
“Gli studenti stavano manifestando in protesta all'aumento della tassa di immatricolazione, erano chiusi dentro l'università e la polizia era pronta per aprire i cancelli. Utilizzammo l'immagine della Polizia dal punto di vista del clown, un personaggio tragico e nobile, volevamo umanizzare la figura del poliziotto portandola al pagliaccio e ponendolo in situazioni giocose e graziose per presentare in maniera plastica ciò che stava accadendo, portando umore e commedia per abbassare la tensione dei manifestanti e dare respiro ai poliziotti. Inizialmente la Polizia vedendoci mascherati con i nasi da pagliaccio ci guardava sospettosa perché non capiva di cosa si trattasse, che cosa volessimo fare e se ci stessimo prendendo gioco di loro, ma una volta vista la performance i poliziotti si rilassarono, alcuni si fotografarono con noi perché in qualche maniera furono sollevati dal fatto che la situazione si fosse calmata. I manifestanti smisero di proiettarsi aggressivi e loro abbassarono la linea di difesa. Il nostro proposito non è offendere ma portare allegria e abbassare la tensione. Non bisogna sentirsi offesi da un pagliaccio. I pagliacci hanno un anima nobile. Il pagliaccio ride fuori ma a volte piange dentro. Sappiamo che molti poliziotti stanno adempiendo al proprio dovere ma a loro volta sono contenti che il popolo manifesti anche per loro, per le loro pensioni, per i loro ritardi nei pagamenti, per le loro vacanze e giorni di malattia, per l'istruzione anche dei loro figli e il benessere delle loro famiglie. L'umore è uno strumento che ci ha accompagnato nelle più grandi crisi. Come la Polizia, siamo un entità di disciplina, di ordine e di rispetto per proteggere i bambini e gli adulti. Non è nostra intenzione burlarci della loro professione o mancargli di rispetto, al contrario cerchiamo di collaborare, alla fine siamo tutti portoricani. Ovviamente la percezione dipende dal punto di vista, ci sono persone che si sono offese ed altre che ci hanno ringraziati”.
Come è formato il gruppo?
Siamo attori, musicisti, giornalisti, scrittori e documentaristi. I documentaristi li chiamiamo “La Unidad de Policia Carpeteros” perché qui si dice “carpetear”, fare un archivio, un file delle persone riguardo i loro ideali politici e avere “la carpeta”, la cartella, di tale persona. È un gruppo molto ampio al quale ogni artista apporta nutrimento e contenuto per capirne la miglior forma di proiezione. Gli artisti plastici decidono le linee base della presentazione visuale a partire dai giubbotti antiproiettile di cartone, le scope, i nasi, cercano i colori e il logo. I documentaristi creano i video e ci aiutano a spiegare un po' meglio il concetto attraverso le reti sociali e i musicisti contribuiscono con le marce, il ritmo e le canzoni che sono uno strumento per dire quello che vogliamo dire. Gli avvocati servono se ci mettiamo nei problemi. C'è un gruppo di intelligence, che ci informa quando accadono le cose, a che ora, dove dobbiamo arrivare e quali sono i nostri diritti. Questo è molto importante soprattutto quando c'è un governo repressivo che cerca qualsiasi scusa per distruggere ogni iniziativa contraria al suo pensiero.
Esistono altri gruppi come il vostro?
Non ci sono altri gruppi come Los Payasos de la Policia però esiste un gruppo che si chiama i Pallasos en Rebeldia, li scoprimmo qualche tempo dopo in internet. Questi fanno parte del teatro gallego e si sono formati in Chiapas, usano la risata come strumento per la liberazione dei popoli oppressi, sono un collettivo artistico internazionale che appoggia la lotta per la sopravvivenza dei popoli originari in un mondo globalizzato, accompagnano il popolo Saharaui nel suo ritorno a un Sahara libero e indipendente, difendono la fine della occupazione sionista in Palestina e formano parte del movimento di solidarietà alla rivoluzione Zapatista. Ultimamente sono intervenuti nei campi profughi a Melilla e Indomeni. Ce ne sono poi altri che si chiamano The Clown Army, nati a Londra in seguito alla visita di George W. Bush e attivi in Inghilterra, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Francia, Danimarca, Germania e Israele soprattutto contro globalizzazione e guerre. Loro non lavorano come un plotone ma individualmente, arrivano nelle zone di conflitto e si mobilizzano per tutta la manifestazione. Non vanno come gruppo ma hanno lo stesso nostro team. Ci sono poi I Payasos sin Fronteras che attuano nelle zone di conflitto, per il momento non ne ho visti altri.
Durante l'ultima manifestazione a cui avete partecipato, avvenuta il Primo Maggio, avete raggiunto l'obiettivo che vi eravate prefissati?
Credo che questo sia l'inizio. L'obiettivo di quel giorno credo sia stato raggiunto. Era marciare durante tutta la manifestazione costruendo l'immagine, portando messaggi ed arrivare fino al Seaborne, l'edificio dove si riunisce la Giunta che era protetto da una quantità considerevole di poliziotti, arrivare lì e fare la presentazione finale. Ci siamo riusciti e siamo soddisfatti pero sappiamo che è solamente l'inizio, che le manifestazioni continueranno e che la polizia continuerà a difendere lo Stato. La nostra idea è che ogni volta che si attiva la forza antisommossa noi vorremmo essere lì tra i manifestanti e la polizia per fare il nostro spettacolo e vedere in che modo possiamo essere un veicolo per evitare che accadano situazioni violente, speriamo di riuscirci.
Qual è la tua percezione del presente e la tua visione del futuro di Puerto Rico?
Per via del mal governo, dell'uso improprio delle risorse e delle leggi che favoriscono principalmente i grandi interessi, Porto Rico è entrato in uno stato di crisi economica, convertita in crisi sociale e umanitaria. La firma della legge “Transformacion y Flexibilidad Laboral” (4-2017) toglie diritti ai lavoratori ed è una riforma del lavoro completamente disegnata per dare il passo alle grandi corporazioni come Walmart, Keymart, farmacie come Wallgreen, inoltre l'alleanza pubblico/privata crea un panorama o un terreno per privatizzare i servizi. Tutto questo a radice del debito che il governo ha accumulato lasciandosi ingannare dai trucchi dei banchieri che già conoscevano la situazione di indebitamento enorme del paese. La Giunta di Supervisione Fiscale Federale è una giunta composta dalla stessa gente che partecipò a questo processo, essi stessi si accomodarono lì, un gruppo di persone che ha il potere di amministrare il denaro di Porto Rico senza poter essere accusato in futuro, con il fine ultimo di incassare il denaro che si deve. La Giunta è assegnata per 10 anni ed è ben difficile poter pensare a cosa possa succedere, faranno tutto il possibile per far pagare il debito creato dai possessori di buoni, i bonistas, con misure di austerità. Pochi giorni fa hanno annunciato la chiusura di 100 scuole e i servizi sanitari sono fortemente minacciati. Io ti potrei dire solo come mi piacerebbe vederlo il futuro del nostro Paese. Mi piacerebbe vedere che Portorico avesse la capacità di essere indipendente, di non dover rispondere alla Legge di Cabotaggio degli Stati Uniti (è una legge che impedisce l'entrata nel Paese di navi che non hanno equipaggio, bandiera e fabbricazione statunitense e che risulta avere conseguenze negative per la già deteriorata economia locale). Vorrei la possibilità di avere una nostra costituzione reale perché ce l'abbiamo ma è puramente simbolica dato che alla fine sono i federali che decidono cosa dobbiamo fare. Io aspiro a un Portorico che sia libero, che possa vivere in armonia e possa relazionarsi indipendentemente con tutti gli altri paesi dell'America Latina visto che siamo un paese Latinoamericano. Questo non significa che non abbiamo relazioni a livello culturale con gli Stati Uniti o con i 4,7 milioni di portoricani che vivono lì o seminati per il mondo, ma che dovremmo avere la libertà di decidere con chi avere relazioni commerciali, di avere una nostra propria politica, di poter immaginare un paese indipendente dove non siamo obbligati a mandare i nostri soldati a combattere le guerre degli Stati Uniti. Non possiamo poi nemmeno votare alle elezioni presidenziali americane ma non è questo a cui io aspiro. Abbiamo la capacità intellettuale e le risorse umane per essere indipendenti, siamo in un punto strategico, abbiamo risorse naturali incredibili e molta gente ben preparata che ha dovuto andarsene dal Paese, difatti la UPR è considerata una delle migliori università dell'America Latina. Vedo Porto Rico senza la Giunta e con un futuro deciso dai propri portoricani.
Come si inserisce il vostro lavoro nella storia di Porto Rico?
La nostra è una storia di eterni colonizzati. Con gli spagnoli arrivò l'Inquisizione oltre a tutte le malattie di cui patirono gli Indios, i Tainos. Li sterminarono tutti. In seguito portarono gli schiavi africani per l' industria della canna da zucchero e fecero man bassa delle risorse portandosi via tutto l'oro. Nel 1898 nell'ambito della guerra Hispano-americana gli americani invasero Portorico con l'idea che ci stessero aiutando a raggiungere l'indipendenza dalla Spagna. Si fondò così un governo militare in parallelo con Cuba, Haiti, Repubblica Dominicana. C'è una figura molto importante di questa epoca che è Ramon Emeterio Betances, padre del movimento indipendentista portoricano, lo chiamano “El Antilllano”, un medico che studiò in Francia e che lottò per l'indipendenza dalla Spagna. Fu lui che generò tutto il movimento rivoluzionario per liberare le Antille. Portorico non riuscì a farlo dato che lì c'erano tutte le barche spagnole e la forza militare. Poco dopo arrivarono gli americani e da allora in poi siamo stati territorio degli Stati Uniti. Nel 1868 abbiamo avuto “El grito de Lares” che fu un grido di indipendenza che durò un unico giorno, immediatamente i gringos misero a tacere il movimento. Sorse così lo Stato Libero Associato di Porto Rico, con un accordo che raggiunse Luis Muñoz Marin, un governatore eletto dal popolo, con il quale si dava la cittadinanza ai portoricani in cambio della loro partecipazione negli esercizi militari e nelle guerre che stavano combattendo gli Stati Uniti. Era una questione d'interesse. Oltre al fatto che Porto Rico era in una posizione militare strategica durante la Guerra Fredda, come sappiamo Cuba era alleata con 'Unione Sovietica e si rumoreggiava che ci fossero armi nucleari, fu così che gli Stati Uniti rinforzarono le basi militari a Porto Rico, portarono sottomarini, aerei e si utilizzò come un bastione. Ci fu poi una rivoluzione industriale e già non si dipendeva più dalla canna da zucchero ma dall'industria. Nel 1976 arrivò poi la legge 936, una legge per la quale gli investitori americani, con una politica del fare un prodotto locale, misero la propria industria nell'isola con il permesso di non dover pagare tasse. Ovviamente offrirono molti posti di lavoro e apportarono movimento economico nei paesi dove si stabilirono però ancora una volta era qualcosa che favoriva solo gli interessi degli Stati Uniti. Tra la fine degli anni '80 e primi del '90 si eliminò la 936 e a partire da questo evento iniziarono altri problemi, non ci fu un piano di sviluppo per il paese, iniziammo ad indebitarci per pagare la spesa pubblica che avevamo. Diciamo che il 50% se non un po' di più dell' “empleomania” del Paese era nel Governo e nei sui uffici. Fu così che già nel 2006 il debito era così grande che arrivarono i “Buitres”, gli avvoltoi, che sono gli obbligazionisti e che sanno esattamente quando i Paesi hanno il credito più basso per iniziare ad alzare gli interessi. Il panorama economico si complicò e così iniziarono a deteriorarsi tutte le strutture, i governatori ad utilizzare la demagogia e la confusione del popolo per accaparrarsi il potere ed ottenere benefici dagli interessi che avevano gli obbligazionisti.
Cos'altro vorresti aggiungere?
Qualcuno mi domandò “Che diritto hanno gli artisti a vestirsi da poliziotti? che cosa ci guadagnano?”. Pensandoci arrivai e questa conclusione: l'arte ha sempre una funzione nella società che è quella di plasmare, di presentare una visione o una prospettiva di questo gruppo attraverso il lavoro artistico per promuovere la diffusione, il pensiero critico e il dialogo. Un opera d'arte potrebbe causare disagio, empatia o apatia però la sua funzione principale oltre al suo posizionamento culturale è sempre quella di creare coscienza, di creare immaginario che a volte non si raggiunge semplicemente con l'informazione che ci arriva attraverso le notizie o un oratore. L'arte in generale ha per me questa funzione, che serva come strumento, che alzi l'interesse delle persone nel dialogare e nel questionare. C'è arte buona e c'è arte cattiva, ci sono canzoni molto belle e canzoni molto brutte, c'è arte che esiste solamente come elemento plastico, noi almeno cerchiamo di fare e perché la chiamiamo arte? Perché c'è un concetto, un interesse filosofico e c'è una messa in scena che ha il suo valore culturale ed essendo culturale è sociale e politico. Non necessariamente va a impiantare un'opinione specifica ma ad aprire la mente della gente. Per queste persone che si chiedevano a che cosa serva, l'arte serve per mobilitare, per muovere i neuroni del cervello e per registrare in qualche forma momenti di interesse. In questo caso a Porto Rico stiamo vivendo un momento storico nel quale le persone sono già più coscienti riguardo a come ci pregiudicano tutte queste leggi che si sono implementate e che più che per un miglioramento sono state istituite per creare una situazione politica deteriorata e che non ci da maniera di vedere un futuro possibile. Credo che tu sia stata partecipe di un esperienza che per noi è stato un avvenimento storico. La maggioranza della gente non è d'accordo con gli atti di violenza che son stati fatti però capiamo perché siano accaduti e che sono conseguenze di tutto ciò che è accaduto. Noi aspiriamo che ci siano sempre meno atti violenti. Per esempio qui a Porto Rico c'è un'isola, Vieques, dove gli americani facevano esercizi militari, tiravano bombe per praticare, distruggendo la barriera corallina e il paesaggio mentre l'isola era abitata. Tramite la disobbedienza civile e gli atti pacifici si riusciti a mandar via la marina da Vieques. Per noi questo è un modello di lotta non violenta e se riusciamo ad emularlo e ad ottenere ciò che vogliamo ottenere senza violenza, lo faremo.